Don Pasa, seguendo volontariamente i suoi avieri nel campo di prigionia e vivendo le loro stesse traversie, si rende testimone dell’importanza della fede per i militari. |
“… finalmente, dicevano, abbiamo un cappellano fra noi. Finalmente ci sarà chi ci sostiene. E queste spontanee e sincere espressioni se mi fecero misurare l’importanza di un padre spirituale in mezzo alla truppa, mi fecero anche dedurre che gli Italiani sono sempre sostanzialmente religiosi e hanno innato il raro dono di sentire e di cercare nella religione la forza onde superare ogni ardua difficoltà. …”
“… Nel campo … la vita religiosa non tardò ad avere un posto preminente. Nei primi giorni di prigionia fu impossibile celebrare la S. Messa; malgrado la buona volontà di noi cappellani la possibilità non sarebbe venuta tanto presto se gli ufficiali stessi non avessero insistito… I tedeschi erano contrari per più ragioni al rito cattolico … Permessi quindi non ne concedevano; e noi ce li prendemmo. …”
“… Tutti avevano cooperato perché Natale riuscisse un giorno del tutto diverso le altre feste. Avemmo perfino due ore di sano divertimento perché il noto scrittore di Bertoldo, il Ten. Guareschi, ci intrattenne con suo lavoro originale La fiaba di Natale con musica del suo intimo amico il Ten. Coppola. …”
“… Almeno questo potevamo concederci: rifugiarci nella religione per superare qualsiasi crisi oltre che per alimentare la speranza. Le pratiche religiose erano anche l’unica maniera di sentirci legati, compatti e fratelli. … Il legame della fede irritava secretamente i tedeschi che cercavano ogni astuzia per spezzarla…” |
da: Don Pasa - “Tappe di un Calvario” Ed. SAT Vicenza, 1947 |