Roncarolo, Cascina Baracca: il rastrellamento nazi-fascista del 26 settembre 1944
Ricordato anche il partigiano cremonese Carlo Grazioli. Alla cerimonia era presente una delegazione dell’ANPI di Cremona
di Ennio Serventi
Roncarolo: un grumo di case ed una chiesa che l’argine difende dalla invadenza dell’acqua quando s’innalza. Si percorre qualche chilometro, dall’alto del terrapieno si vede il fiume disegnare uno degli ultimi grandi meandri poi, a valle della diga, questo che è il Po dei grandi meandri diventerà il Po delle isole ed i toponimi dei luoghi non saranno più quelli della terra e dell’acqua ma delle sabbie emerse. Da dove l’argine di Roncarolo sembra piegare verso destra, in direzione opposta un tratturo ne discende la scarpa inoltrandosi nell’ampia golena. Qui sono ancora pioppi e stoppie di grano turco. Ci si addentra in quella che era una grande azienda di migliaia di pertiche appartenente alla SAFTA di Piacenza, principalmente destinata alla coltura del pioppo ma che forniva anche sussistenza a decine di famiglie contadine. Tra un filare e l’altro coltivano frumento, grano, saggina ed altri prodotti locali. Nella grande cascina “Baracca” (ignoto è l’origine del nome) l’abitazione della famiglia del colonnello Minetti amministratore dell’azienda.
Dopo l’otto settembre 1943 in quel posto trovano rifugio decine di soldati italiani sbandati e renitenti all’arruolamento nell’esercito della repubblica sociale. Molti di questi si avvieranno alle colline piacentine unendosi alle prime bande partigiane che vanno formandosi. Vi si raccolgono armi una parte delle quali, trasportate con un camioncino, armano una banda partigiana della val Ceno. La cascina diventa rifugio sicuro e tappa per tanti che dalla pianura intendono raggiungere le formazioni partigiane dell’Appenino piacentino. Diventa nascondiglio, accantonamento e base di una SAP formata principalmente da partigiani locali ma non solo: fra questi anche il partigiano cremonese Carlo Grazioli. La SAP è attiva; mette in atto sabotaggi alle linee telefoniche e di comunicazione, intercetta isolati trasporti fascisti sulle strade caorsane, requisisce viveri e materiali da inviare ai partigiani di montagna. Diventerà la propaggine di pianura della 38a Brigata Garibaldi operante in val d’Arda.
Il 26 settembre 1944 reparti tedeschi, SS e uomini delle brigate nere di Piacenza e Cremona circondano e rastrellano la zona. I partigiani presenti sono pochi, nei giorni precedenti molti di questi, sentendo minacciata la sicurezza della zona, sono già saliti in montagna. I fucilati furono due: Teodoro Vaccari e Giulio Fittavolini. La cascina, molti casolari e fienili vennero bruciati; catturati anche nei dintorni sessanta fra partigiani e civili vennero portati nelle carceri di Piacenza ed interrogati.
I fascisti, il primo di ottobre, tornarono a rastrellare Roncarolo. Dal rastrellamento della Baracca e quello successivo di Roncarolo prese avvio uno stillicidio di brutali fucilazioni: i morti da fare rientrare nell’eccidio della “Baracca” sono almeno sette: Teodoro Vaccari, Giulio Fittavolini, Alberto Ciceri, Giacomo Ziliani, il cremonese Carlo Grazioli, Fulco Marchesi e Guido Borella.
Nell’inverno del 1945 fu decapitato il CLN caorsano, i suoi principali esponenti saranno fucilati a Coduro di Fidenza il 10 marzo 1945.
“Si può pertanto affermare che quello della “Baracca” fu un eccidio prolungato e diffuso i cui effetti si estesero fino alla primavera del 1945 e, addirittura, fino alla fine della guerra unendo i campi della pianura padana (Roncarolo, Fossadello, Caorso, Coduro) a quelli di concentramento e sterminio (Linz-Mauthausen) perché li conclusero la loro esistenza alcuni degli uomini catturati fra il settembre e l’ottobre 1944.”
Della cascina “Baracca”, nonostante i consistenti crolli e le ripetute alluvioni, sono ancora visibili i muri colpiti dai colpi della mitraglia. Alcuni pini, ormai divenuti giganti, sono quel che rimane del piccolo parco delle rimembranze nel quale facevano corona alla lapide in memoria dei due fucilati nel posto. Per sottrarla alla violenza delle piene del fiume, la targa commemorativa è da tempo spostata sul sagrato della chiesa, ma il posto, di non dimenticata memoria, trasmette ancora una mesta, forte suggestione.
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