Il fondo carte Piero Borelli, che i familiari hanno deciso di depositare e rendere disponibile nel nostro Archivio di Stato, ha una caratteristica notevole. Si tratta di documentazione che non è limitata alla persona ma ricomprende aspetti della storia familiare.
Abbiamo qui documenti di diverso tipo che segnano punti significativi del percorso della famiglia, sia per il ramo paterno che materno, dalla seconda metà dell’ottocento in poi.
Si tratta di una famiglia rappresentativa per tanti aspetti delle caratteristiche sociali e culturali della piccola o media borghesia del nostro territorio. Essa appare peraltro attivamente partecipe degli eventi minuti o complessivi della comunità locale e nazionale. Dunque in queste carte ritroviamo percorsi ed orme di un vissuto che riflette la nostra storia dopo l’unità d’Italia.
Si tratta spesso di documenti originali prodotti dalla pubblica amministrazione, da quella comunale alla burocrazia militare alla certificazione scolastica, esemplari segnalazioni del modo di essere e di operare del giovane Stato italiano. Ed essi si intrecciano con la vita privata e di lavoro, con le lettere, le immagini e quant’altro nel corso di alcuni decenni.
Può ben rendere l’idea dei contenuti di questo fondo carte, dunque, seguire con alcuni esempi questo percorso.Punto di partenza può essere una cartellina con alcuni documenti familiari risalenti agli albori dell’unità d’Italia. Ce n’è anche uno relativo ad una medaglia per l’unità d’Italia conferita a Francesco Borelli – nonno di Piero – che fu militare nel 41° Reggimento Fanteria, e c’è anche il suo foglio di congedo.
Risalgono all’800 alcuni certificati di nascita e di battesimo ed altri più o meno consimili di notevole interesse. Per esempio: il nonno Francesco era ingegnere e qui si conserva un documento relativo al periodo in cui lavorò nella costruzione di una linea ferroviaria in Austria, anni 1873-75. Degli anni 1878, 1879, 1887 sono relazioni relative alla Scuola Tecnica comunale di Soresina. Del 1894 la memoria di un appello per raccogliere fondi per un monumento a Francesco Genala.
Agli sgoccioli dell’800 ed ai primi due decenni del secolo scorso risalgono documenti di uffici anagrafici, quelli del matrimonio dei genitori di Piero, lo “stato personale” sulla carriera scolastica del padre di Piero, Ernesto, tra il 1899 e il 1916 e poi un diploma allo stesso attribuito nel 1919 come assistente civile.
Ancora: c’è la “patente per l’insegnamento” rilasciata alla prima moglie del padre di Piero, Ernesta Malatesta, che era maestra; con lei ebbero il figlio Franco (cui accenneremo poi). Venne a mancare ancora giovane. Ernesto Borelli si risposò qualche tempo dopo con Adele Bajetta, da lei nacque Piero.
Diversi i documenti relativi alla “Grande guerra”: tra essi il congedo di Franco, tenente degli Alpini e decorato, la cartella per il Prestito di guerra del 1916, “passaporti per l’interno” rilasciati dal Comune di Duemiglia e da quello di Cremona essendo anche il nostro territorio ricompreso in zona di guerra. Di particolare significato una cartellina con documentazioni relative ad un cugino, Angelo, disperso in guerra. È la testimonianza drammatica su una famiglia tra speranza e disperazione coi messaggi, le lettere, gli annunci sul giornale nella rubrica “chi li ha visti”, il “libretto di soccorso” alla famiglia…
Le carte riguardanti il ventennio fascista danno un bel contributo a capire quegli anni nel vissuto della gente. Per esempio ci mostrano come il giovane valoroso ex combattente Franco Borelli ritenga di essere coerente col suo patriottismo entrando poi a far parte di una squadra del fascio soresinese ed essendo nel 1922 coinvolto in un odioso episodio squadrista contro Guido Miglioli, considerato elemento antipatriottico! Emerge il contrasto lacerante col molto più giovane fratellastro Piero Borelli che di Miglioli sarà ammiratore e per il quale da Sindaco pronuncerà l’orazione funebre nel 1954, orazione che ritroviamo in questo archivio. Contraddizioni all’inizio ed alla fine di un ciclo e che durante quel ciclo attraversano tante famiglie. Compresa quella di Piero.
Leggiamo certi caratteri di quel “ventennio” anche in queste carte: le varie tessere dei Balilla, della GIL, delle molteplici organizzazioni dal dopolavoro alle corporazioni e così via, più o meno volontarie o coatte, reticolo di consenso e di controllo del regime.
Sono numerosi i documenti relativi alla vita scolastica della prima metà del novecento: da quelli sul versante di un dirigente scolastico come Ernesto Borelli Preside della Scuola Tecnica “Genala” di Soresina (ma se ne documenta l’attività scolastica in molti altri centri d’Italia) a quelle sui vari gradini della carriera scolastica, con relative pagelle eccetera, di Piero ragazzo.
Altre carte sono relative alla vita quotidiana locale di quel periodo. Particolarmente interessanti sono le informazioni, contenute anche in memorie successive di Piero Borelli e relative a svariate persone, sulla presenza di non pochi che in tanti modi erano critici ed oppositori verso il regime. A Soresina non erano poche queste persone, sia per la parte “rossa” che per la parte “bianca”, ed il giovanissimo Piero – ricordiamo che è nato nel ’24 – ne è influenzato, stabilisce contatti, pur senza gesti clamorosi si differenzia da un ambiente familiare e sociale cui pure appartiene.
È giovanissimo, sedicenne, quando l’Italia entra in guerra. I precedenti contatti si rinsaldano nel clima della clandestinità fino ad essere un protagonista nella Resistenza. È il partigiano “Alessio” che svolge la rischiosissima, difficile, quantomai preziosa funzione di servizio informazioni dall’interno della questura e della GNR. Ed anche questo troviamo in queste carte oltre che nell’archivio dell’ANPI e nelle cronache del processo per Villa Merli. Così come troviamo i momenti successivi dei sospetti che lo inducono a disertare, della cattura e sevizie a Mantova, della partecipazione alla Liberazione in quella città.
Nel dopoguerra, senza soluzione di continuità, vediamo le testimonianze del Borelli militante e dirigente del PCI, che era già il suo partito durante la Resistenza, e quindi del giovanissimo sindaco di Soresina. Sono due aspetti che ovviamente si intrecciano, anche se vediamo come Borelli intenda essere figura di sindaco per i cittadini tutti, per l’Istituzione, al di là dell’appartenenza partitica.
Anche sul suo operato come sindaco ci sono documenti e resoconti. Per l’attività di partito, pur se meno numerose, ci sono significative tracce di passaggi essenziali: l’appartenenza al gruppo dirigente provinciale subito dopo la Liberazione, il ruolo di riferimento soprattutto per le politiche nel campo degli Enti locali sia come segretario della Lega dei Comuni Democratici sia come Sindaco di un importante Comune. Con caratteristiche di comunista lontano dal settarismo.
Poi c’è l’ultima fase in questa documentazione: la vicenda tribolata e sofferta da ambo le parti, della rottura di Piero col suo partito. Non è questa l’occasione per entrare nel merito di quella vicenda politica. In proposito mi limito a dire che, tra queste carte, c’è anche una lunga lettera di Franco Dolci alla moglie Franca Grassi quando Franca, nel 1996 pubblicò il libro “In memoria di Piero Borelli”. Era passato un anno dalla scomparsa di Piero in quella drammatica serata in cui fu stroncato mentre parlava degli anni della Resistenza. Lei poi continuerà a lavorare sulla memoria ed anche questa raccolta di documenti è in massima parte per suo merito. Franca Grassi verrà a mancare nel 2006.
Nella lettera che ho appena citato Dolci rievoca quella rottura, alcuni essenziali tratti del lungo precedente rapporto tra Piero ed il suo partito, ne valorizza fortemente il contributo, attribuisce la rottura ad una “pressione generazionale” che si inseriva in una volontà di rinnovamento che comunque avrebbe visto una continuità della esperienza di Borelli in seno al Consiglio provinciale. Ci si riferisce al 1975, anno in cui Dolci era ancora segretario della Federazione comunista. Dolci ricorda che Borelli visse male – quasi come una congiura nei suoi confronti – l’orientamento che era prevalso nel partito mentre tra diversi compagni e tra i suoi concittadini continuava a prevalere il consenso nei suoi confronti.
Franca risponde a Dolci con espressioni anche commosse e di apprezzamento ma spiega perché continua a condividere le ragioni di Piero. Lui, scrive Franca, era convinto di essere nel giusto e di dover anche “ribellarsi ad una obbedienza cieca al suo partito” per il bene della sua comunità.
In questa lettera Franca scrive anche: “Io ho un grande sogno nel cassetto: quello di tentare una ricostruzione dell’attività di Borelli quale partigiano, quale combattente comunista, quale sindaco…”
Ecco, concluderei con questo ricordo di Franca e con questo suo sogno verso la cui realizzazione credo si faccia un passo avanti anche col deposito in Archivio di questa documentazione.
Giuseppe Azzoni
29 maggio 2017
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