(Nel dibattito anche un intervento sui cremonesi condannati dal Tribunale speciale fascista)
Venerdi 10 marzo un pubblico numeroso ed attento ha assistito alla prima presentazione pubblica, avvenuta presso il Teatro Filo di Cremona (seguiranno altre città e la TVda Augias), del nuovo libro di Mimmo Franzinelli. Dopo gli onori di casa da parte di Mario Mantovani a nome della Società del Filo, organizzatrice nell’ambito della rassegna Filolibri, insieme ad ANPI, ANPC, “Eco del popolo” con Associazione “Zanoni”, l’Autore ha delineato i principali contenuti della sua opera.
“Il Tribunale del Duce” è il primo libro dedicato in modo organico alla storia del Tribunale speciale creato dal fascismo nel 1926 come strumento di repressione del regime contro ogni tipo di opposizione, ivi compresa l’espressione di opinioni. Uno degli attentati a Mussolini è stato preso a pretesto per crearlo, nell’ambito delle “leggi fascistissime”. I giudici non erano nemmeno tali e si rapportavano direttamente col duce per predisporre condanne politiche. Le condanne, al carcere ed al confino, furono moltissime ed il libro ne spiega i modi e le logiche.
Nel corso della presentazione ha preso la parola il presidente dell’ANPI cremonese, Giancarlo Corada, che ha sottolineato come si tratti di un libro prezioso per una conoscenza ed un giudizio obiettivi e severi su un aspetto così essenziale del regime fascista. Un aspetto poco noto, sminuito ed invece caratterizzante della soppressione della libertà e delle sofferenze che il fascismo apportò. La giornalista de “La Provincia” Barbara Caffi, autrice di numerosi servizi recenti del giornale sull’UPI e Villa Merli, ha delineato le caratteristiche di obiettiva rigorosa documentazione e di leggibilità di questo libro. Mario Coppetti ha mostrato le caratteristiche dell’operato di questo sedicente tribunale del regime attraverso l’esempio di una delle numerose condanne a morte da esso comminate, quella a Michele Schirru, giustiziato per la sola intenzione di compiere un attentato al duce, attentato che non aveva poi compiuto.
Anche nella nostra provincia numerose furono le condanne. Su questo aspetto si è particolarmente soffermato l’intervento di Giuseppe Azzoni, che egli stesso ci ha fornito e che di seguito si riporta:
“Il Tribunale speciale nella sua attività, così ben delineata in questo libro, era coadiuvato in ogni provincia da una Commissione provinciale (operante tra il 1927 e il 25 luglio ’43) costituita da Prefetto, Questore, Procuratore del re, Comandante dei RRCC e un Ufficiale superiore della MVSN. Essa perseguiva, con proprie ordinanze o col deferimento al Tribunale speciale, i cittadini anche solo “designati dalla pubblica voce” che “avessero commesso o manifestato il deliberato proposito di commettere” nei modi più diversi – a partire da semplici esternazioni verbali – atti di sovversione o comunque ritenuti contrari alla sicurezza dello Stato.
Mi sono rivisto alcuni materiali di mie precedenti ricerche, in particolare gli elenchi dei cremonesi (per nascita e/o per residenza) riportati nel Casellario Politico Centrale come antifascisti e comunque deferiti al Tribunale Speciale. Nel CPC ci sono i casi significativi: molti altri, in genere “minori”, sono elencati negli archivi della Questura. Da quelli del Casellario nazionale ho annotato circa 380 nomi. Numero davvero ragguardevole per una così piccola provincia; in gran parte essi sono passati sotto il torchio del Tribunale Speciale.
Sui cremonesi processati dal Ts il giornale di Farinacci, “Il Regime Fascista”, dette qualche notizia fino al 1931 o al ’32… poi ben poco o nulla. Si capisce che per Farinacci era venuta prevalendo la necessità di mostrare una Cremona feudo pacificato e “fascistissimo”. Notizie sul Tribunale speciale ricompariranno poi sul giornale locale nei primi anni ’40.
Tra i deferiti al Tribunale speciale non pochi furono prosciolti, in gran parte per “insufficienza di prove”, essi comunque passavano lunghi periodi di detenzione preventiva e rimanevano “segnati”, diffidati, ammoniti, soggetti a vigilanza più o meno stringente, con interdizione alle non poche attività lavorative soggette a certificazione o autorizzazione… Tutte cose con pesanti ripercussioni negative per la vita degli interessati e per i loro famigliari.
Comunque di questi nostri 380 iscritti nel casellario nazionale circa 160 subirono una condanna al confino o al carcere. Il cumulo degli anni comminati è enorme: oltre 460 anni di confino o di carcere! Anche se in certi casi questi anni vennero poi scontati solo parzialmente. Come si mostra nel libro di Franzinelli giocarono due finalità del duce e quindi del Ts: da una parte incutere dissuasione e paura con durissime condanne, dall’altra mostrare, quando e come si voleva, generosa magnanimità. Ridussero gli anni effettivamente scontati rispetto alle sentenze, le amnistie (quella del 1932, X della marcia, e poi del 1942, XX), qualche condono, commutazioni dal carcere o confino in altri tipi di sanzione, ed infine la caduta del fascismo del 25 luglio 1943 (con la forte pressione delle forze democratiche su Badoglio ed il re che avevano esitato per alcune settimane alla liberazione di questi condannati).
Ma anche con queste riduzioni gli anni effettivamente scontati furono tantissimi con le gravi sofferenze di ogni genere che ne derivarono.
Vorrei in conclusione segnalare qualche caso, mi limito a pochi, presi abbastanza casualmente, ma signicativi…
È citato anche da Franzinelli, Rosolino Ferragni, avvocato, comunista bordighiano, tra i fondatori del PCdI a Cremona, arrestato nel ’26 fu processato con Gramsci, Terracini ed altri dirigenti del PCdI nel famoso “processone”. Fu condannato a 16 anni e ne sconterà dieci.
Bernamonti Dante, che sarà nel dopoguerra tra gli eletti alla Costituente, sconta più di due anni a Ventotene dei quattro della condanna. Cinque anni sconta a Ventotene, dal 1937 al 1942, il maestro Danilo Barabaschi che appena esce partecipa alla Resistenza e sarà un Caduto partigiano nel ’44. Biselli Piero, falegname, segretario provinciale del PCdI clandestino nel ’27, passerà 4 anni nel penitenziario di Castelfranco Emilia.
Guido Miglioli, il cattolico delle leghe bianche, ex deputato popolare, a lungo all’estero e catturato in Francia sconta due anni a Lipari, Pescopagano ed altri due luoghi di confino… la condanna era a 5 anni ma eravamo già nel 1941 e sopravvenne il 25 luglio ’43.
Il repubblicano Angelo Gastaldi nel 1929 critica pubblicamente il plebiscito e nasconde stampa antifascista: condannato a 5 anni, ne passa 3 nell’isola di Ponza poi sopravviene la amnistia del ’32.
Paga cara una trovata sarcastica Luigi Cavana, assicuratore, già in odore di antifascismo. Nel 1937 lui è in una trattoria cittadina, a tavola per il pranzo, si alza e va staccare sulla parete di fronte un ritrattone di Mussolini, lo appoggia viso al muro… perché, dice, a guardarlo mentre mangio non digerisco… denunciato si becca 5 anni, ne passa parte a Ponza poi la pena è commutata in ammonizione.
Nel 1935 c’è fortissima tensione, con disordini ed arresti, nelle nostre campagne per un patto colonico che peggiora le già grame condizioni dei salariati: cito solo due tra i processati: Carlo Carli di Soncino al confino a Banzi per un anno per sobillazione e proteste e Giuseppe Bassanetti di S. Bassano che tenta una colletta perchè un gruppo di contadini possa andare a Roma a protestare dal duce: condannato a due anni, ne passa uno a Garaguso, poi torna a casa per la proclamazione dell’Impero nel maggio ’36.
Tragico il caso di Visioli Pietro originario di Casalmaggiore, bracciante anarchico: nel 1937 viene incarcerato per aver gridato “viva il socialismo… viva il comunismo”, si suicida in carcere dopo tre giorni. Il prete don Francesco Brambilla è condannato a due anni di confino da passare a Pisticci nel ’39, dopo alcuni mesi, nel 1940, verrà prosciolto e assoggettato a norme di vigilanza: aveva definito “ciarloni” e “pagliacci” i gerarchi cremonesi.
Una sarta di Crema, Maria Panigada, finisce al confino a Termoli nel 1935 per essersi pubblicamente compiaciuta per un grave infortunio capitato ad alcuni gerarchi (non è l’unica donna di questi elenchi).
Ci sono le scritte murali: “Abbasso Mussolini e tutti i suoi ladroni” vale la condanna a 3 anni per Perini Isidoro, contadino di Sesto Cremonese, ma siamo nel ’32 ed arriva l’amnistia. “Abbasso il Duce, abbasso Farinacci” ha scritto Ponzoni Aristide di Vescovato nel 35: gli va bene perché arriva l’Impero e se la cava con l’ammonizione ma questa peserà in un successivo arresto per “disfattismo” nel 1940, con condanna a 5 anni, confino a Pisticci e Castelguido, per due anni fino all’amnistia del ’42. Assai pericoloso cantare, o anche solo fischiettare… sono parecchi i casi… si va da Bandiera rossa ad Addio a Lugano… dalle ammonizioni a qualche condanna… cito solo Vailati Gianbattista di Capergnanica, venditore ambulante che sconta nel 1931 un anno di confino a Castelluccio Inferiore perché cantava strofe e canzonette di sua invenzione sul duce e gerarchi vari, pare di notevole successo nelle aie delle nostre cascine…
Concludo citando uno dei casi in cui ci si è comportati come nel capitolo “Gli irriducibili” del libro di Franzinelli. Si tratta di Guido Toninelli, nato a Cremona poi trasferitosi sul milanese, arrestato nel 1939 per organizzazione comunista, condannato dal Ts a 3 anni e recluso a Castelfranco Emilia: anche lui fu tra quelli che rifiutarono di associarsi alla domanda di grazia presentata da un familiare”.
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