Domenica 19 aprile, nel pomeriggio, si è tenuta a Bonemerse una iniziativa per la memoria dei giorni della Liberazione della città di Cremona e dintorni, con particolare riferimento all’eccidio avvenuto a Bagnara il 27 aprile 1945. L’incontro è stato organizzato dall’ARCI presso il Circolo di Bonemerse, presenti i dirigenti dell’associazione Gerelli e Mele, in collaborazione con l’ANPI rappresentata dalla presidente Mariella Laudadio e da Giuseppe Azzoni. Un pubblico numeroso, tra cui parecchi giovani, hanno seguito una dettagliata rievocazione storica dello stesso Azzoni. Inquadrata nello svolgersi dei fatti dei giorni dell’insurrezione dei cittadini cremonesi è stata narrata la vicenda ancora oggi evocata col termine “martiri di Bagnara”.In seno al Corpo dei Vigili del Fuoco di Cremona si era formata sin dal periodo clandestino una SAP garibaldina, essa si attivò particolarmente nell’aprile del 1945. Aveva già combattuto nella giornata del 26, insieme alla SAP di Porta Po, nella zona di S. Rocco e nella prima mattina del 27 aprile fu incaricata di fare un giro nelle cascine intorno a Bagnara per assicurare un po’ di latte alle famiglie cittadine. Siamo in piena insurrezione, in alcune cascine sono nascosti dei fascisti, dunque questi vigili partigiani si muovono armati e col fazzoletto rosso al collo, usano un vecchio camioncino e sono con loro tre sapisti della città. Nei pressi del Battaglione incontrarono tre militari tedeschi a cavallo, cercarono di catturarli ma essi riuscirono a fuggire, un altro fu incontrato e preso invece vicino a Bagnara, venne disarmato ma poi anch’esso fuggì. Facevano parte di una colonna tedesca che aveva attraversato il Po sotto Stagno e si dirigeva verso Cremona. Erano ben 250 uomini ben ordinati ed armati, messi sull’avviso dai militari prima sfuggiti essi riuscirono a catturare 8 vigili. Il comandante della colonna, particolarmente spietato e fanatico, li mise immediatamente al muro, il muretto di cinta delle scuole di Bagnara, formò il plotone di esecuzione e li fucilò. Sei di loro morirono subito o negli attimi seguenti. Sono ricordati sulla lapide applicata sul posto dove avvenne l’eccidio, con la scritta “Per la libertà della Patria qui trucidati vivano nella perenne memoria degli italiani”. Sono Cerani Odoardo (di 42 anni, vigile, abitava in c.so Vacchelli), Azzali Guido (di 39 anni, vigile volontario e giornalaio, risiedeva in via Castello), Agazzi Domenico (trentenne di via Giordano, cavallante e vigile volontario), Rusinenti Luigi (18 anni, di via Picenardi), Vaiani Giovanni (52 anni, pasticciere in via Genala e vigile volontario), Mondani Ivan (studente di 16 anni, via Cadore). Gli altri due rimasero feriti sotto i corpi dei compagni, i tedeschi se ne andarono subito e così li lasciarono, ma subirono gravissime conseguenze. Rossi Domiziano, meccanico ventenne di via S.Erasmo, non si ristabilì più, il trauma l’aveva colpito al cervello, fu ricoverato all’Ospedale Psichiatrico nel 1949 e vi morì nel 1970 a soli 45 anni. Folcini Ubaldo, vigile del fuoco di 24 anni stette diversi mesi all’ospedale e la gravità delle ferite lo rese invalido.
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