Franco Dolci è nato a Cremona nel 1925. Il padre era artigiano, faceva il piastrellista in proprio. Franco già da ragazzo lo aiutava. Finite le scuole elementari aveva iniziato il corso all’Ala Ponzone ma, dopo il primo anno, dovette interrompere per difficoltà economiche familiari. È davvero sorprendente come man mano abbia acquisito, da autodidatta, rilevanti conoscenze, cultura, capacità di scrivere e di parlare. In effetti non ha mai smesso di studiare, scrivere, tenere discorsi pubblici, redigere pubblicazioni… Dopo la scuola, negli anni ’30, Franco farà il fornaio per due fornerie (di via Brescia, poi di S. Sigismondo dove abitava). Poi, fino al ’45, lavora alla STAR di Pizzighettone, qui però fumi e vapori delle lavorazioni gli procureranno danni agli occhi.
Famiglia antifascista, ha contatti e amicizie con gli ambienti della Resistenza, “insurrezionalista” nei giorni della Liberazione partecipa al posto di blocco della brigata partigiana di Bruno Ghidetti, in via S. Rocco.
Subito dopo la Liberazione è già in contatto e si iscrive al PCI, la Sezione sarà quella di S. Imerio (“Ghinaglia”) ma ha diretto rapporto conla Federazione, al palazzo delle Poste vecchie di piazza Roma. Lì gli affideranno – sarà il suo primissimo incarico – di far sì che le Sezioni, che stanno sorgendo ovunque, si dotino di una biblioteca, curando quindi la distribuzione delle pubblicazioni che il partito invia ecc. Ma nel ’46 sarà tra gli incaricati del Comune di Cremona per il controllo alle trebbiature (perché non venissero imboscate quantità di grano destinato a sfamare la popolazione). Quindi lavora, a tempo pieno, nella commissione stampa e propaganda diretta da Giacomo Bergamonti.
La campagna elettorale del 1948 la conduce nella zona casalasca. È molto apprezzato per la sua ottima capacità di parlare alla gente. In questo periodo aveva creato e diretto la commissione giovanile della Federazione (conosce Marisa Priori, che ne farà parte, e che sposerà nel 1952). Subito dopo il 18 aprile del 1948 frequenta per sei mesi la scuola comunista di Frattocchie (un mese è di “lavoro pratico” presso la federazione di Napoli, in quel luglio dell’attentato a Togliatti).
Verso la fine del 1948 passa al lavoro sindacale nella Camera del Lavoro CGIL provinciale, ha la responsabilità della organizzazione della stessa. Trascorre con questo incarico il periodo di durissimi scioperi, manifestazioni, disdette, occupazioni ecc. del 1948- 49 in agricoltura (ma anche in settori industriali). Vi partecipa in prima persona e nel ’49 a Cappella Picenardi viene arrestato (con lui alcuni lavoratori ed il corrispondente dell’Unità Scalpelli) per uno scontro dopo una aggressione di una squadraccia. Starà in carcere un po’ di giorni, poi, a piede libero, sarà processato e condannato a 15 mesi con la condizionale nel ’51, confermati in appello nel ’52 e ridotti a 9 in cassazione nel ’55. Dovrà pagare pesantissime spese processuali (120.000 lire dell’epoca) raccolte da solidarietà ma in parte anche con suo grande sacrificio.
Nel marzo del 1949, a seguito della decisione del PCI di istituire la Federazione giovanile, la FGCI, gli viene chiesto di costruirla e dirigerla a livello provinciale. Torna “alle Poste vecchie” e con un gruppo di giovani e giovanissimi compagni e ragazze, organizzala FGCI, con molte iniziative e raggiungendo una forza ragguardevole: al 1° congresso nella primavera 1950 gli iscritti nella FGCI provinciale sono oltre 5.000! È il periodo di Enrico Berlinguer, il lavoro spazia dalle iniziative giovanili sportive e ricreative ai temi del lavoro, della scuola, dei problemi mondiali, della formazione politica ed ideologica. L’impostazione è quella del “lavoro fuori dagli uffici del partito” con permanenze nei paesi anche di più giorni, dormendo presso compagni e spostandosi in bici.
Nel ’50 torna a dirigere la propaganda ed altre attività della Federazione comunista e nel 1952 gli verrà chiesto di fare da segretario ed organizzatore del Comitato provinciale del “Movimento dei partigiani della pace”. Organismo delle sinistre assai attivo, ha sede dove c’è anche l’ANPI in viale Trento e Trieste (poi uffici Catasto); si lanciano campagne intense su problemi internazionali dell’epoca. La guerra di Corea, le lotte anticoloniali, contro l’arma atomica, contro la condanna a morte per i coniugi Rosenberg. Si raccolgono firme (ben 40.000 in provincia!). Pur se le posizioni sono quelle filosovietiche, il Comitato è aperto ed ha una dialettica interlocuzione con una parte del mondo cattolico (don Mazzolari ed il suo “Adesso” in primis). Dolci ricopre questo incarico per un paio d’anni, fino a tutto il 1953.
Nel dicembre del 1953 succede a Bernamonti come consigliere provinciale. Non è una surroga automatica. È candidato in una vera e propria campagna elettorale supplettiva nel collegio uninominale di Piadena, assai impegnativa, in lotta con candidati prestigiosi degli altri partiti, essendo a ridosso di quella nota per la “legge truffa”. Sarà eletto e sarà poi consigliere provinciale per molte tornate amministrative. Con quella campagna riprende il lavoro a tempo pieno al partito dove proseguirà fino al 1963, quando va a dirigerela Federcoop, organismo “orizzontale” provinciale della Lega delle cooperative.
Quello di dirigerela Federcoopin quegli anni è compito di notevolissimo impegno perché comporta la capacità di capire e guidare grandissime trasformazioni, tra crisi e sviluppo, sia nella cooperazione di produzione e lavoro, che è in notevoli difficoltà, sia con processi di ristrutturazione nella coop consumo. Questi sfoceranno nella creazione di Cooplombardia col determinante contributo della UCC Cremonese. È un impegno che richiede autorevolezza e connotazioni politiche nel conseguimento di un consenso dei soci tutt’altro che scontato.
Con questa messe di esperienze, nel 1972 Franco Dolci viene eletto segretario della Federazione del PCI di Cremona. Regge il partito di via Volturno in momenti assai difficili: la prima metà degli anni ’70 vede rapporti burrascosi coi compagni socialisti, da gestire con un confronto duro ma anche teso verso la salvaguardia e la ripresa del tessuto della sinistra nella politica, nelle amministrazioni, nelle organizzazioni dei lavoratori e popolari. Ci sono crisi aziendali e notevoli lotte sul terreno economico. Ci sono tragici eventi di terrorismo fascista, piazza della Loggia ed altri, e sorge il terrorismo rosso: cose da affrontare con polso e chiarezza di idee. Sulle grandi questioni internazionali basterà citare il Vietnam, il Cile… Cresce la sensibilità ambientalista con temi nuovi come Caorso e così via. Guidare il partito non era certo facile, lui l’ha fatto bene, dando il suo contributo alla conquista di quel consenso entusiasmante che venne nelle elezioni amministrative del 1975, in tutta Italia ed a Cremona.
Con il voto del 1975 si realizzano maggioranze di sinistra in moltissimi comuni della provincia, a partire da quelli di Cremona e di Crema. Per l’Amministrazione provinciale ciò non è scontato, PCI e PSI uniti hanno solo la metà dei seggi. Per la maggioranza serve non solo conseguire una salda unità tra loro ma anche avere almeno un voto in più nei momenti determinanti… Serve alla guida, come Presidente della Provincia, una persona che riesca, senza ricorrere a pratiche trasformiste, a conseguire questo fine. Ci riuscirà Franco Dolci: qualcuno – che lo dichiarerà pubblicamente – di parte socialdemocratica e di parte cattolica non farà mancare il proprio apporto nei momenti decisionali, come quelli dei bilanci. Motivando apertamente sia per i suoi modi trasparenti di procedere, sia perché ha tenuto conto di critiche e proposte della minoranza, sia per l’indiscussa onestà che caratterizzavano il Presidente Dolci. Nel periodo 1975-’80 la Provincia riesce a realizzare, con quella di Parma, il ponte sul Po a S.Daniele (si concretizza una lunga fase preparatoria degli anni precedenti e si inaugura nel marzo 1980). Ma sono anche gli anni di caratterizzanti e nuove iniziative in campo culturale – basti pensare al Recitarcantando – ambientalista, sociosanitario, scolastico.
Concluso il quinquennio della presidenza in Provincia, a Dolci il partito chiede un ulteriore contributo di impegno in un campo per lui nuovo, ed infatti bisognò insistere perché accettasse, quello della presidenza della municipalizzata del Comune di Cremona, l’AEM. Gli si chiede di assicurare il buon funzionamento di essenziali servizi per il cittadino con positivi risvolti finanziari per la comunità: ed è quanto anche in questa nuova incombenza egli farà. Bisognò insistere in quanto anche qui si rivelò un tratto in lui caratteristico: non andò mai alla ricerca di questo o quell’incarico, non brigò certamente mai per una carriera, non è retorica dire per lui che la politica era vocazione e servizio. Gli incarichi – qualche volta anche difficili – poi se li assunse, svolgendoli al meglio e senza pretese e senza prebende.
Dopo la presidenza all’AEM, andò in pensione ma rimase attivo, per il partito comunista e poi per il PDS e sopratutto per l’ANPI provinciale di cui fu segretario con la presidenza di Mario Coppetti ed un periodo con Fogliazza.
Si dedicò molto, l’aveva sempre fatto e lo fece ancor più da pensionato, ad elaborare e scrivere sulla storia e l’esperienza del movimento operaio cremonese, del PCI, dell’antifascismo, a biografie di particolari personalità ed anche relativamente al suo amatissimo fiume Po.
Danno testimonianza di ciò una mole di documenti da lui conservati e la pubblicazione di libri e di fascicoli che costituiscono una preziosa eredità per la cultura del nostro popolo.
(Giuseppe Azzoni, aprile 2016)
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