Negli ultimi tempi si è molto parlato di fascismo ed antifascismo. Per varie ragioni. Anzitutto per diverse iniziative, a Milano ed altrove, di gruppi come “Casa Pound”, “Lealtà ed Azione”, “Forza Nuova”, che sono riusciti anche a prendere voti nelle recenti elezioni amministrative e far eleggere consiglieri e assessori. Poi, per la discussione di una proposta di legge, primo firmatario l’on. Fiano del PD, che vieta e punisce la propaganda di fascismo e nazismo e la ricostituzione di partiti ad essi ispirantesi, come peraltro già previsto dalla nostra Costituzione e da diverse leggi (la “Scelba” in particolare). Ora, esiste davvero il pericolo di un ritorno in Italia, in maniera massiccia, di ideologie e forze fasciste? Fino a qualche tempo fa, l’opinione prevalente fra commentatori e politici era che si trattasse di un fenomeno modesto, di alcuni vecchi nostalgici. Più folklore che altro, con commemorazioni ai cimiteri, saluti romani ed inni al Duce. E che fosse addirittura negativo parlarne, per non moltiplicarne il messaggio. Adesso, invece, ne parlano un po’ tutti! Il Direttore de “L’Espresso” (che apprezzo molto, peraltro) arriva a dire, nell’ultimo numero del settimanale, che “la voglia di fascismo… è indole italica” e che siamo un “popolo nato con la camicia (nera)”.
Se mi permette, signor Direttore, vorrei brevemente sviluppare alcune considerazioni.
1) A livello storico credo che i conti siano stati fatti. Il fascismo è stato un regime dittatoriale, brutale nel negare le libertà e nel perseguire gli avversari. Soprattutto negli anni della guerra, l’alleanza con il nazismo ha portato a crimini efferati che nessuno può dimenticare. Ed in effetti pochi negano questa realtà. La democrazia, con tutti i suoi limiti, è il sistema di gran lunga migliore che, grazie ai sacrifici di tanti, la storia ha costruito in una non grande parte del mondo.
2) Il fascismo nelle sue manifestazioni odierne adotta vecchi simboli ma li riempie di nuovi (in parte) contenuti. Nulla ha di nostalgico o di folklorico e riesce a coinvolgere molti giovani. Non a caso i dirigenti di questi gruppi parlano di “fascismo del nuovo millennio”. Quali sono i contenuti? In parte i soliti: razzismo, antisemitismo, lotta agli emigrati (complice una cattiva gestione del problema, da pare dell’Italia e soprattutto della Comunitù Europea), ai “diversi”, alla democrazia. In parte, però, nuovi: lotta per la casa (con relative occupazioni), lotta per il lavoro, contro la burocrazia, la corruzione, i privilegi. Contro l’Europa e per la riconquista di una sovranità nazionale. È questo “mix” che crea un pericolo. Se si vuole un riferimento storico, potremmo cercarlo nel “diciannovismo”, nel confuso e rivoluzionario fascismo delle origini.
3) Chi sono i nuovi fascisti? Con stupore ci accorgiamo che vi sono operai, giovani, disoccupati. E che vi è un cerchio di simpatie più ampio della militanza. Il fatto è che la globalizzazione ha lasciato e sta lasciando molte ferite. Industrie trasferite lontano, economia finanziarizzata, piccole e medie imprese in difficoltà. Vita comunitaria e tradizioni travolte. È l’altra faccia di una globalizzazione che nessuno ha saputo o potuto gestire. Gli “esclusi”, quelli “lasciati per strada”, i “delusi” sono tantissimi.
4) Le Istituzioni che fanno? La politica che fa? A parte i riti e le celebrazioni, politica ed Istituzioni sembrano come chiuse in un fortino, dove si parla di cose loro e si discute di come meglio difendere gli interessi di “caste”, dai vitalizi dei politici ai megastipendi dei boiardi di Stato e dei banchieri. Non dico che sia tutto così e che tutti i politici siano così. Ci mancherebbe! Ma così è la percezione popolare e tanti atteggiamenti la rafforzano.
Che fare allora? Vedo una sola strada: una rivoluzione, assolutamente pacifica ma radicale, che cambi quel che c’è da cambiare, che rinnovi politica ed Istituzioni. Un cambiamento che abbia però un riferimento saldo nella nostra Costituzione. Sarà anche la più bella del mondo, la nostra Costituzione, ma pure la meno attuata! I Costituenti, ad esempio, furono attenti a non dissociare mai le libertà dalla giustizia sociale. Ora, negli ultimi vent’anni la forbice fra ricchezza e povertà s’è addirittura ampliata. I Costituenti insistettero sulla dimensione morale dell’agire politico. Raramente è stato così basso come oggi il livello di moralità pubblica.
Potrei continuare. Concludo dicendo che occorre tornare davvero alla Costituzione, ma per attuarla almeno nei suoi indirizzi di fondo (lavoro, ambiente, salute, scuola). Certo, è necessario un percorso ed obbligatoria è la gradualità per attuare obiettivi così ambiziosi. Ma importante sarebbe iniziare e procedere nella giusta direzione. L’apologia di fascismo è giusto che sia punita, ma il fascismo avrà poco spazio solo se la politica saprà riformarsi e riformare Stato e società.
(pubblicato su La Provincia, 21 luglio 2017)
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