“La messa dell’uomo disarmato. Un romanzo sulla Resistenza”. Presentazione del libro di don Luisito Bianchi – Palazzo Comunale, Sala dei Quadri, 27 novembre 2004
Quando l’amico Mario Coppetti mi ha proposto di ospitare a Palazzo Comunale l’omaggio a don Luisito Bianchi non ho avuto un attimo di esitazione a dire sì, perché l’uomo ed il sacerdote che oggi abbiamo l’onore di avere con noi merita riconoscenza e grande rispetto per la sua vita, per le sue opere, per la sua carica di umanità.
Ho acquistato, non appena è stato pubblicato, il libro La messa dell’uomo disarmato mosso da un grande interesse, anche se, devo ammetterlo, i numerosi impegni che ho dovuto affrontare in questi mesi, mi hanno impedito di leggerlo con l’attenzione che merita e che avrei voluto dedicargli.
Nonostante questo posso dire che il sottotitolo stabilito da don Luisito, Un romanzo sulla resistenza, sia quanto mai appropriato. Comincia con la descrizione della vita quasi idilliaca di un piccolo paese della nostra terra. C’è una famiglia quasi perfetta (ma non per questo protetta dai dolori e dai pericoli), un arciprete quasi perfetto (ma non per questo immune da errori), un maresciallo dei carabinieri quasi perfetto (ma è pur sempre un carabiniere) e così via.
Siamo a pochi mesi dall’inizio della seconda guerra mondiale. Don Luisito racconta fatti minimi, con una lingua molto bella, con grande precisione nel nominare ogni cosa, e con una stupefacente bravura nel disegnare, allineando brevissime scene, delle “panoramiche” della vita del paese. Poi c’è la guerra. Poi il 25 luglio del ’43, la seduta del Gran Consiglio del Fascismo, l’arresto di Mussolini. Poi l’8 settembre, l’armistizio separato, lo sbandamento dell’esercito italiano, i tedeschi che da alleati diventano invasori.
Tutti i personaggi della storia, ciascuno a suo modo, resistono. Quasi tutti sognano un futuro di giustizia e pace: chi, appunto, come in sogno; chi come progetto politico; chi come rivendicazione sociale. Tutti, direi così a occhio, fondano il loro sogno d’un futuro in un passato. La stessa vita idilliaca del paese descritto nel libro è, per così dire, un passato.
I personaggi hanno sperimentato la possibilità di una vita non tutta giusta e pacifica, ma nella quale giustizia e pace sembravano cose pensabili, possibili. Quindi la resistenza che i personaggi mettono in atto, andando a un certo punto in montagna, prendendo le armi, è una resistenza in nome d’un futuro il cui sogno è fondato sull’esperienza di un passato. Dicevo vita idilliaca del paese di campagna. L’aggettivo idilliaco non è il migliore.
Potrei dire: una vita regolata da tradizioni e consuetudini. Potrei anche dire: una vita liturgica: nella quale il ritornare delle azioni tradizionali e consuetudinarie non è solo regolato dai tempi della liturgia (le festività durante l’anno, le ore durante il giorno…) ma è percepito esso stesso come liturgia.
Mi sovvengono, alcune frasi di Pier Vittorio Tondelli in Camere separate: “Celebrare come liturgia la vita stessa”, “Posso vivere senza dio, ma non posso vivere senza religione”. Potrei quindi forzare la frase: “Resistere apertamente al cambiamento” fino a farlo significare: “Difendere apertamente ciò che nel mio agire, nel mio stare al mondo, percepisco come liturgia”.
Grazie Don Luisito per questo libro, che era già stato stampato ma non veramente pubblicato più di dieci anni fa a cura dei suoi amici e che era circolato passando di mano in mano, consigliato o donato da persona a persona.
Grazie perché è un libro, secondo me, molto forte e bello che raccomando soprattutto ai giovani perché comprendano che la verità rende liberi, perché i libri sono una strada importantissima di questa interminabile ricerca.
Intervento del Presidente dell’ANPI prof. Mario Coppetti
Signor Sindaco,
desidero esprimerLe personalmente e a nome dell’ANPI il nostro ringraziamento per la Sua partecipazione a questo incontro e per aver subito accolta la nostra richiesta di poter rendere omaggio, in questa nobile sede, a don Luisito Bianchi, uomo di chiesa e per noi scrittore che ha saputo narrarci con grande serenità uno squarcio di vita del periodo più doloroso del nostro passato.
Grazie anche a Lei, professor Alquati e grazie a tutti voi che con la vostra presenza testimoniate che vi sono ancora persone che vogliono ricordare, conoscere, approfondire le ragioni di questo passato affinché esso non possa ritornare mai più.
In un momento come quello attuale dove i valori etici e morali sembrano appannati, fra gli uomini di cultura e della politica è in atto una ricerca ed un approfondimento della storia del secolo scorso.
Spesso questo revisionismo storico non è mosso solo dall’amore per la lodevole ricerca della verità, ma viene usato anche per rappresentare e giustificare un passato di parte che non rappresenta quello che era lo spirito di quei tempi.
Io che ho vissuto il tempo del fascismo e poi della guerra, posso affermare, caro don Luisito, che il Suo libro, “La messa dell’uomo disarmato”, ci offre una testimonianza intensa e serena della partecipazione di tanta parte della nostra gente a quel tempo di guerra così doloroso e tragico, vissuto qui e nella campagna cremonese.
Lei lo ha reso con grande senso di umanità, come traspare dalle pagine di intensa poesia del suo libro, libro che andrebbe letto e commentato nelle nostre scuole.
Nel ricordo dei nostri compagni caduti, l’Associazione Partigiani di Cremona desidera farLe omaggio di questo bozzetto del monumento che abbiamo eretto in loro onore e memoria.
Esso rappresenta la Libertà che spezza le catene che avevano impedito per 20 anni a tanti italiani di vivere da uomini liberi.
Ed alla fine, quella sciagurata dittatura provocò anche la immane tragedia della seconda guerra mondiale.
A Lei che ha saputo scrivere, con passione ma senza odio, di quei tempi, noi vogliamo, con questo piccolo bronzo, a noi caro per il suo significato, esprimerLe il nostro affetto ed il nostro più sentito ringraziamento.
Mentre lo consegno a Lei leggo la dedica qui incisa:
A don Luisito Bianchi
memori e grati per la Sua opera di testimonianza degli alti valori della resistenza Antifascista
per l’Associazione Partigiani Cremonesi
Mario Coppetti
Presidente
Il sito www.anpicremona.it utilizza solo cookie tecnici rispetto ai quali, ai sensi della normativa vigente, il gestore del sito non è tenuto a chiedere il preventivo consenso degli utenti.
Cookie Policy
La messa dell’uomo disarmato
“La messa dell’uomo disarmato. Un romanzo sulla Resistenza”. Presentazione del libro di don Luisito Bianchi – Palazzo Comunale, Sala dei Quadri, 27 novembre 2004
vedi ancora: www.welfarecremona.it
Intervento del Sindaco Gian Carlo Corada
Quando l’amico Mario Coppetti mi ha proposto di ospitare a Palazzo Comunale l’omaggio a don Luisito Bianchi non ho avuto un attimo di esitazione a dire sì, perché l’uomo ed il sacerdote che oggi abbiamo l’onore di avere con noi merita riconoscenza e grande rispetto per la sua vita, per le sue opere, per la sua carica di umanità.
Ho acquistato, non appena è stato pubblicato, il libro La messa dell’uomo disarmato mosso da un grande interesse, anche se, devo ammetterlo, i numerosi impegni che ho dovuto affrontare in questi mesi, mi hanno impedito di leggerlo con l’attenzione che merita e che avrei voluto dedicargli.
Nonostante questo posso dire che il sottotitolo stabilito da don Luisito, Un romanzo sulla resistenza, sia quanto mai appropriato. Comincia con la descrizione della vita quasi idilliaca di un piccolo paese della nostra terra. C’è una famiglia quasi perfetta (ma non per questo protetta dai dolori e dai pericoli), un arciprete quasi perfetto (ma non per questo immune da errori), un maresciallo dei carabinieri quasi perfetto (ma è pur sempre un carabiniere) e così via.
Siamo a pochi mesi dall’inizio della seconda guerra mondiale. Don Luisito racconta fatti minimi, con una lingua molto bella, con grande precisione nel nominare ogni cosa, e con una stupefacente bravura nel disegnare, allineando brevissime scene, delle “panoramiche” della vita del paese. Poi c’è la guerra. Poi il 25 luglio del ’43, la seduta del Gran Consiglio del Fascismo, l’arresto di Mussolini. Poi l’8 settembre, l’armistizio separato, lo sbandamento dell’esercito italiano, i tedeschi che da alleati diventano invasori.
Tutti i personaggi della storia, ciascuno a suo modo, resistono. Quasi tutti sognano un futuro di giustizia e pace: chi, appunto, come in sogno; chi come progetto politico; chi come rivendicazione sociale. Tutti, direi così a occhio, fondano il loro sogno d’un futuro in un passato. La stessa vita idilliaca del paese descritto nel libro è, per così dire, un passato.
I personaggi hanno sperimentato la possibilità di una vita non tutta giusta e pacifica, ma nella quale giustizia e pace sembravano cose pensabili, possibili. Quindi la resistenza che i personaggi mettono in atto, andando a un certo punto in montagna, prendendo le armi, è una resistenza in nome d’un futuro il cui sogno è fondato sull’esperienza di un passato. Dicevo vita idilliaca del paese di campagna. L’aggettivo idilliaco non è il migliore.
Potrei dire: una vita regolata da tradizioni e consuetudini. Potrei anche dire: una vita liturgica: nella quale il ritornare delle azioni tradizionali e consuetudinarie non è solo regolato dai tempi della liturgia (le festività durante l’anno, le ore durante il giorno…) ma è percepito esso stesso come liturgia.
Mi sovvengono, alcune frasi di Pier Vittorio Tondelli in Camere separate: “Celebrare come liturgia la vita stessa”, “Posso vivere senza dio, ma non posso vivere senza religione”. Potrei quindi forzare la frase: “Resistere apertamente al cambiamento” fino a farlo significare: “Difendere apertamente ciò che nel mio agire, nel mio stare al mondo, percepisco come liturgia”.
Grazie Don Luisito per questo libro, che era già stato stampato ma non veramente pubblicato più di dieci anni fa a cura dei suoi amici e che era circolato passando di mano in mano, consigliato o donato da persona a persona.
Grazie perché è un libro, secondo me, molto forte e bello che raccomando soprattutto ai giovani perché comprendano che la verità rende liberi, perché i libri sono una strada importantissima di questa interminabile ricerca.
Intervento del Presidente dell’ANPI prof. Mario Coppetti
Signor Sindaco,
desidero esprimerLe personalmente e a nome dell’ANPI il nostro ringraziamento per la Sua partecipazione a questo incontro e per aver subito accolta la nostra richiesta di poter rendere omaggio, in questa nobile sede, a don Luisito Bianchi, uomo di chiesa e per noi scrittore che ha saputo narrarci con grande serenità uno squarcio di vita del periodo più doloroso del nostro passato.
Grazie anche a Lei, professor Alquati e grazie a tutti voi che con la vostra presenza testimoniate che vi sono ancora persone che vogliono ricordare, conoscere, approfondire le ragioni di questo passato affinché esso non possa ritornare mai più.
In un momento come quello attuale dove i valori etici e morali sembrano appannati, fra gli uomini di cultura e della politica è in atto una ricerca ed un approfondimento della storia del secolo scorso.
Spesso questo revisionismo storico non è mosso solo dall’amore per la lodevole ricerca della verità, ma viene usato anche per rappresentare e giustificare un passato di parte che non rappresenta quello che era lo spirito di quei tempi.
Io che ho vissuto il tempo del fascismo e poi della guerra, posso affermare, caro don Luisito, che il Suo libro, “La messa dell’uomo disarmato”, ci offre una testimonianza intensa e serena della partecipazione di tanta parte della nostra gente a quel tempo di guerra così doloroso e tragico, vissuto qui e nella campagna cremonese.
Lei lo ha reso con grande senso di umanità, come traspare dalle pagine di intensa poesia del suo libro, libro che andrebbe letto e commentato nelle nostre scuole.
Nel ricordo dei nostri compagni caduti, l’Associazione Partigiani di Cremona desidera farLe omaggio di questo bozzetto del monumento che abbiamo eretto in loro onore e memoria.
Esso rappresenta la Libertà che spezza le catene che avevano impedito per 20 anni a tanti italiani di vivere da uomini liberi.
Ed alla fine, quella sciagurata dittatura provocò anche la immane tragedia della seconda guerra mondiale.
A Lei che ha saputo scrivere, con passione ma senza odio, di quei tempi, noi vogliamo, con questo piccolo bronzo, a noi caro per il suo significato, esprimerLe il nostro affetto ed il nostro più sentito ringraziamento.
Mentre lo consegno a Lei leggo la dedica qui incisa:
A don Luisito Bianchi
memori e grati per la Sua opera di testimonianza degli alti valori della resistenza Antifascista
per l’Associazione Partigiani Cremonesi
Mario Coppetti
Presidente