Nella Resistenza la spinta decisiva per superare lo Statuto albertino e porre le fondamenta della Costituzione repubblicana
70 anni fa, il 1 gennaio 1948, entrò in vigore la Costituzione repubblicana. Era stata votata il 22 dicembre 1947 dalla Costituente con 453 voti favorevoli e 62 contrari e promulgata il giorno 27 seguente. Nella ricorrenza pubblichiamo una relazione, a cura di Giuseppe Azzoni del Comitato provinciale ANPI, sul percorso storico di quell’evento. La Costituzione che ha preceduto quella attuale, lo Statuto albertino e le vicende che lo hanno man mano svuotato e stravolto, quindi la Resistenza che fu la base del nuovo patto istituzionale ed alcune considerazioni sulle fondamentali innovazioni della Costituzione repubblicana. Il testo è suddiviso in 11 puntate.
1. Lo Statuto di Carlo Alberto e la sua vicenda storica
La “Magna Charta libertatum” inglese del 1215, la Convenzione di Filadelfia del 1787, quanto avvenne a Parigi nel 1789 con i suoi Stati generali ed il motto Liberté egalité fraternité: sono passaggi storici di superamento dell’assolutismo che evoco solamente. Sono fondamenta di ciò di cui mi accingo a parlare. Emergono in una lunghissima storia di progressi e di arretramenti, di barbarie e di conquiste civili, di guerre, migrazioni, sopraffazioni, rivolte, conquiste sociali e politiche.
Ma veniamo subito al 1848, culmine di anni di forti sommovimenti sociali e politici per cui, in diversi Stati, i sovrani dovettero fare concessioni importanti come gli Statuti, ponendo dei limiti al proprio assolutismo e concedendo diritti ai sudditi. In Italia nel 1848 ci furono forti sommovimenti: i moti in Sicilia, le cinque giornate di Milano, la rivolta di Venezia e così via ed in quell’anno furono concessi Statuti nel Regno delle Due Sicilie, in Toscana, nello Stato Pontificio, nel Regno di Piemonte e Sardegna. Quasi tutto ciò verrà in breve tempo cancellato, dirò qualcosa sulla Repubblica romana, che sarà sconfitta nel 1849 dall’esercito francese.
Ma l’importantissima novità per la storia italiana che invece sopravvisse e andò avanti fu lo Statuto albertino. Lo Statuto albertino – “statuto e legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della monarchia” – entrò in vigore il 4 marzo 1848 proclamato dal re “Carlo Alberto per grazia di Dio Re di Sardegna”. Dal 1861 esso diviene Costituzione per il Regno d’Italia e tale sarà fino al 1946.
Entro nel merito e metto subito in rilievo due fondamentali caratteri dello Statuto albertino.
Uno: esso è una concessione della Corona, alla quale continua ad appartenere la sovranità; la Corona però si impegna ad esercitarla con limiti e regole, concede diritti, apre una “compartecipazione” al potere. Il potere della Corona non è più “assoluto”.
Due: lo Statuto ha il rango giuridico di una legge ordinaria. È definito “legge fondamentale e perpetua della monarchia”, il re giura di osservarlo lealmente, ma altre leggi potranno facilmente modificarlo, addirittura contraddirlo, previo assenso e firma del re. Non vi sono particolari procedure né una sede che possano garantire la fedeltà, la conformità allo Statuto delle nuove leggi e di decisioni e comportamenti dello stesso re e dei governi negli anni successivi. Pertanto lo Statuto albertino, pur rimanendo per un secolo in sé formalmente immutato nel testo originale, senza abrogazioni nemmeno parziali, nella realtà è divenuto un vuoto simulacro, parti essenziali sono state vanificate e contraddette.
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