di Giuseppe Azzoni, direttivo provinciale ANPI
Commemoriamo quest’anno, nella festa della Liberazione qui sulla grande piazza che porta il suo nome, il cittadino di Gussola Carlo Comaschi. Un nome importante per tutto il casalasco e per la nostra provincia. Esso infatti si affianca a quello di altre vittime del fascismo: Matteotti, i Rosselli, don Minzoni, i Cervi…
In particolare qui nella nostra provincia, dove lo squadrismo fu particolarmente efferato, il suo nome si accomuna a quelli di Attilio Boldori, dirigente cooperativo e vicepresidente della Provincia, ucciso a bastonate, Ferruccio Ghinaglia di Casalbuttano, ucciso con una revolverata a tradimento a Pavia dove studiava, Attilio Bonomi, fornaio di Crema, inseguito ed ucciso per strada nel centro in pieno giorno. Nella nostra provincia le vittime dello squadrismo farinacciano nel 1921 e ’22 furono alcune decine, centinaia le gesta violente di vario genere.
A Carlo Comaschi è dedicata una significativa pubblicazione di Giovanni Magni e Giovanni Mantovani. Egli era nato a Gussola nel 1878, morì nel marzo 1923 a causa della violenta aggressione di due fascisti mentre era al suo tavolo di impiegato di questo Comune.Figlio del veterinario del paese, aveva potuto studiare fino al ginnasio; privilegio di pochi, all’epoca, che lui mise con generosità disinteressata a beneficio dei suoi concittadini.
Un dossier poliziesco su di lui ne annota il “sovversivismo”, cioè lo spirito di protesta ed opposizione ad una struttura sociale profondamente ingiusta ed oppressiva così come alle continue campagne di guerra. Come l’aggressione delle potenze europee alla Russia dei soviet nel 1919: proprio per aver aderito ad uno sciopero in merito subì la sanzione di un mese di lavoro senza paga. Ma aveva subìto anche condanne di reclusione sempre per motivi politici. Per i valori del lavoro, della democrazia, della giustizia sociale, della pace vissuti con comportamenti coerenti si pagava di persona. I processi da lui subìti lo documentano.
Leggiamo di un periodo da immigrato, come fu per molti italiani alla fine dell’800, in America. Negli Stati Uniti una corrente di pensiero importante di protesta e rivolta sociale fu a lungo quella anarchica. Basti ricordare Sacco e Vanzetti. L’Internazionale anarchica era stata importante naturalmente in Europa, dove si opponeva a privilegi, repressione illiberale ed assolutistismi con metodi e un pensiero poi superati dal più maturo pensiero del socialismo.
Apprendiamo che Comaschi attraversò un periodo di influenza del pensiero anarchico. Tornato in Italia ed a Gussola, egli si caratterizzò come socialista. Nel primo ‘900 egli diventa attivo promotore e costruttore della importante sezione socialista locale, del sindacato, della cooperazione.
E’ noto come dopo la prima guerra mondiale si sia aperto un periodo di durissimi scontri sociali e politici. La guerra aveva lasciato lutti ed invalidi in tante famiglie, disoccupazione, miseria. Dopo Caporetto, ai condadini che davano il loro sangue resistendo sul Piave e poi con la controffensiva di Vittorio Veneto, il re ed i governanti avevano promesso che la Patria non si sarebbe dimenticata di loro. Avrebbero avuto la possibilità di lavorare un pezzo di terra, comunque di un lavoro per mantenere la famiglia… Tutto ciò non avvenne, grande e diffusa la delusione, la rabbia tra ampi strati di povera gente che si sentirono traditi. “Noi faremo come la Russia…” fu uno degli slogan che correva tra la gente, in sostanza si chiedeva che il governo mantenesse le promesse, che ci fosse un lavoro per chi tornava dalla guerra, che si migliorassero le paghe, le condizioni di vita, i diritti civili più elementari allora negati. A ciò si contrapposero non solo le condizioni oggettive di un Paese stremato ma la difesa di ricchezze accumulate con la guerra, di prepoteri di pochi sul popolo considerati come intoccabili e naturali, fino alla paura dei ceti possidenti ed anche ad ostilità relative alla religione. Dunque una miscela sociale esplosiva, particolarmente forte in un paese come Gussola. E qui si inserì lo squadrismo fascista, armato e finanziato da ceti possidenti, protetto dalle autorità, esaltato dalla strumentalizzazione della patria e di valori illusori, rafforzato anche da errori e divisioni delle forze del lavoro e della democrazia. Esso utilizzò la violenza e gli venne consegnato il potere dal re nell’ottobre del 1922.
Nella zona casalasca ed a Gussola i “rossi”, le forze del lavoro politiche, sindacali, cooperative erano molto forti ma particolarmente virulento fu anche lo squadrismo. Gli squadristi di queste parti parteciparono ad azioni anche in altre province, fino ai famosi scontri dell’oltretorrente di Parma e così via.
Carlo Comaschi (in paese lo chiamavano familiarmente “Carlino”) in questa epoca era già un esponente di rilievo del socialismo. Leggiamo di una sua inclusione nel Comitato Centrale del PSI, che era corrispondente dell’Avanti!, che scriveva regolarmente per l’Eco del popolo.
Aveva contribuito da protagonista a creare leghe contadine e copperative in zona insieme alla organizzazione di un partito, il PSI, che allora era quacosa di veramente nuovo perché permetteva ai lavoratori, da sempre considerati meno di niente, di diventare coscienti dei loro diritti, di rivendicarne l’attuazione insieme alla partecipazione alla vita pubblica ed alle Istituzioni, a partire dal Comune.
In tutto questo era fondamentale superare l’ignoranza e l’analfabetismo che opprimevano la popolazione. E Comaschi a questo si dedicò moltissimo. Organizzava corsi, dava lezioni per insegnare a leggere e scrivere, per diffondere nozioni di base del sapere, della cultura, della politica. Tutto ciò lo faceva, naturalmente da volontario, a Gussola, a Torricella, a Martignana, a Casalmaggiore.
Delle cose che diceva dava prova di persona con azioni e comportamenti coerenti, onestà, coraggio, generosa solidarietà.
Lavorava come scrivano nel Comune di Gussola. Proprio nella sua stanza di lavoro venne aggredito a tradimento da due fascisti della zona che gli si erano avvicinati col pretesto di una qualche pratica d’ufficio. Lo colpirono alla testa con un martello. Sopravvisse alcune settimane in gravissime condizioni e morì il 17 marzo di 90 anni fa. Aveva 44 anni.
Il fascismo era già al governo ma continuava ad usare metodi criminali per eliminare definitivamente ogni voce libera. A Cremona ciò veniva apertamente proclamato da Farinacci, che lo farà ancora quando verrà assassinato Matteotti. La Giustizia era asservita, anche nel caso della uccisione di Comaschi i colpevoli, di cui si conoscono i nomi e gli scutmai, rimasero impuniti. Il delitto fu derubricato come un incidente! Del resto Farinacci aveva difeso così anche gli assassini di Boldori, sostenendo che egli era morto per qualche semplice bastonata in quanto le ossa del suo cranio erano deboli…
Su Carlo Comaschi ho potuto avere una testimonianza nel 1969 da un importante personalità dell’antifascismo gussolese: Carlo Zanitoni. Testimonianza che avevo allora divulgato, con alcuni documenti, su una pubblicazione a ciclostile e che era poi stata riprodotta nel citato opuscolo di Magni. Zanitoni aveva conosciuto molto bene Comaschi, ne era stato giovanissimo “discepolo”, ne parla anche sotto l’aspetto umano, sottolinea passaggi fondamentali della sua azione politica, l’eredità preziosa che lasciò a Gussola anche attraverso una generazione di giovani che qui poi fecero tesoro dei suoi insegnamenti. Zanitoni col 1921 aderì al partito comunista, dice che Comaschi rimase nel PSI considerando sbagliata quella scissione pur condividendone alcuni motivi. Egli però acutamente criticava idee e comportamente settari, fino a forme di anticlericalismo, che alienavano simpatie, impaurivano, fornivano pretesti alla violenza fascista, dividevano i lavoratori che solo uniti potevano difendere i loro diritti e la libertà. Zanitoni ricorda di avere egli stesso proposto, dopo la Liberazione, l’intitolazione della principale piazza del paese a Carlo Comaschi. Qualche suo altro ricordo in materia è riportato in un successivo volume: “Ricerca a Gussola”. Magni riporta poi una bella testimonianza di Giuseppe Guareschi, che sarà sindaco di Torricella, su una discussione tra Delvaro Rossi e Comaschi su temi sindacali cui lo stesso Guareschi assistette in quanto capolega.
La burocrazia prefettizia impedì nel 1954 al sindaco De Micheli di porre una lapide commemorativa nella sede comunale. Ci riuscì poi il sindaco Gerelli. Fu apposta il 25 aprile 1975: “Carlo Comaschi / alfiere dell’idea socialista / antesignano della cultura popolare / vittima della fascistica violenza / – 17 marzo 1923 – / la natìa Gussola / reverente e memore / per il supremo olocausto / onora ed esalta”.
Note
Giovanni Magni Giovanni Mantovani, Carlo Comaschi: un monito un esempio – PSI Gussola – Tip. Maffei e Fazzi Casalmaggiore, 1975;
Letture proletarie – Numero unico dei giovani comunisti di Casalmaggiore, cicl. in proprio 1969;
AA. VV., Ricerca a Gussola, PCI Gussola e Lavoratori studenti Persico D., 1980
Sarebbe auspicabile una ripresa della ricerca sugli aspetti della vita di Comaschi sopra citati, alcuni basati solo su testimonianza.
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