Domenica 30 novembre a Crema presso lo stadio Voltini sono stati commemorati i Partigiani Luigi Bestazza, Ernesto Monfredini, Antonio Pedrazzini e Gaetano Paganini nel settantesimo della fucilazione avvenuta per mano dei fascisti.
La cerimonia, toccante e partecipata, ha avuto luogo laddove i quattro furono uccisi.
Erano presenti rappresentanti dell’Anpi di Cremona e dei luoghi di provenienza dei partigiani caduti e rappresentanti delle istituzioni.
I ringraziamenti dell’Anpi provinciale vanno alle istituzioni cremasche e a Paolo Balzari, presidente della sezione Anpi di Crema per aver organizzato l’evento e per aver saputo creara l’atmosfera giusta per un’occasione così importante e sentita.
Crema, 30 novembre 2014
Il discorso commemorativo del Presidente dell’Anpi Provinciale, Mariella Laudadio
Vi porto il saluto dell’Anpi della nostra provincia, l’associazione che da 70 anni cerca di tener vivo il ricordo dei Partigiani e degli ideali per i quali tanti, nelle nostre zone, lottarono e persero la vita.
Poco meno di 70 anni fa, mentre altri italiani decisero che avrebbero cercato “la bella morte” sotto insegne funeste e liberticide, fuorviati ed illusi da vent’anni di dittatura, Ernesto, Antonio, Gaetano e Luigi si diedero alla macchia nell’Oltre Po pavese per cercare invece la vita, fatta di libertà e dignità; ed anche se la loro, di vita, finirono per perderla, regalarono a noi un Paese nuovo, con una Costituzione democratica ed antifascista.
Questa la differenza, profonda e decisiva, fra i nostri quattro giovani e quelli che li uccisero dopo averli torturati: la differenza fu tutta nella scelta.E vorrei sottolineare che qui ricordiamo 4 giovani uomini, ma alla Resistenza parteciparono anche 3.5000 partigiane combattenti, 4.635 furono arrestate, torturate, condannate, 623 caddero in combattimento o furono fucilate, 2.750 deportate dai nazisti con il sollecito aiuto dei fascisti repubblichini.
L’onore del nostro Paese, e dell’intera umanità, fu difeso da tutti coloro che fecero quella scelta, anche se era un’impresa titanica cercare di riabilitare un popolo che aveva taciuto di fronte alla persecuzione degli ebrei, dei rom, degli omosessuali, degli oppositori politici, alla deportazione e la messa a morte dei nostri stessi militari; un popoloche ancora oggi non si decide a fare i conti con le proprie responsabilità storiche.
È per questo che oggi, mentre ricordiamo Bestazza e i suoi compagni, ci tocca registrare ancora, e sempre di più, episodi di risorgente intolleranza fascista e razzista.
La bestia che calpesta i diritti degli individui è ancora viva e vegeta; i neofascisti che due giorni fa hanno impedito ai bambini rom di entrare nella loro scuola per esercitare il diritto costituzionale all’istruzione sono gli epigoni di quelli che 70 fa torturavano e perseguitavano agli ordini dei nazisti.
Allora ha senso chiedersi perché oggi siamo ancora qui? Perché l’Anpi e le istituzioni si adoperano per preservare e tenere viva la memoria?
La crisi economica, la mancanza di lavoro, le gravi difficoltà nelle quali si trova il Paese sono purtroppo il terreno di coltura per il fascismo risorgente e il populismo irresponsabile.
A noi spetta il compito, come facciamo da un settantennio, di informare, ricordare e tener viva l’attenzione su tutto ciò che si muove in quella galassia buia e violenta in cui prosperano e fanno proseliti le nuove forze nostalgiche del neofascismo.
Con il loro sacrificio i nostri giovani ci hanno lasciato un Paese libero ed aperto ad un futuro migliore, pienamente inserito in un’Europa unita ed in pace, non a caso pensata da due antifascisti confinati dal fascismo in un’isoletta del Mediterraneo nel lontano 1941, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli.
Noi sappiamo che non è perfetto questo Paese, che a volte è ancora necessario ribellarsi e resistere in un mondo che spesso tende a girare al contrario.
Ma amiamolo lo stesso e non dimentichiamo che quello che è stato conquistato con la lotta di liberazione deve essere riconquistato ogni giorno; cerchiamo di eliminarne i difetti e le storture, ma per amore, non per rabbia.
Amiamolo come lo hanno amato, fino a morirne, Ernesto, Antonio, Gaetano e Luigi.
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